Notiziario di Sabato 17 Novembre 2007
E’ uno dei simboli della lotta al racket del pizzo. Vincenzo Conticello, imprenditore di Palermo, ha avuto la forza e il coraggio, due anni fa, di denunciare i suoi estortori, condannati proprio ieri a pene pesanti dai giudici del Tribunale di Palermo. Adesso la sua azione è quella di diffondere, soprattutto alle giovani generazioni, la cultura della legalità. E all’indomani della sentenza, Vincenzo Conticello ha scelto Licata per un incontro con gli studenti, promosso dall’assessorato comunale alle politiche sociali. A loro ha raccontato la sua esperienza. Vediamo.
La sua è una vita blindata. Due angeli custodi, 24 ore su 24, vigilano, da tempo, sulla sua vita. Vincenzo Conticello l’aveva messo nel conto quando decise di ribellarsi al pizzo e di denunciare i suoi estortori, giunti quasi a sottrargli l’azienda di famiglia, la storica focacceria San Francesco di Palermo. Addirtittura, nel corso di una udienza del processo, aveva indicato, senza esitazione, uno dei tre. Ieri il verdetto dei giudici che hanno condannato i tre a pene oltre i 40 anni. Una sentenza simbolo, è stata definita. Oggi Vincenzo Contincello è stato a Licata dove ai giovani studenti accorsi al teatro comunale ha raccontato la sua esperienza.
A testimoniare la sua condizione di vittima della mafia, invece, avrebbe dovuto essere Sonia Alfano, figlia di Beppe Alfano, il giornalista de La Sicilia, ucciso nel 93, impegnata a Palermo nella protesta contro il mancato inserimento nella finanziaria della norma che equipare le vittime della mafia a quelle del terrorismo. Presente invece don Totino Licata, storico fondatore nel 91 della prima associazione antiracket con Tano Grasso e che oggi a Licata ha voluto ripetere quell’esperienza.