Notiziario di Mercoledì 14 Maggio 2003
“All'interno di Cosa Nostra valeva solo la legge di Totò Riina e dei Corleonesi. Avevano vinto la guerra di mafia e alla fine degli anni '80 si apprestavano alla resa dei conti: eliminare tutti i nemici, dai pentiti, ai magistrati, tra i quali Giovanni Falcone considerato il nemico numero uno, ai politici”. Il pentito di mafia Nino Giuffrè, ha raccontato davanti ai giudici della Corte d'Assise di Palermo, in trasferta a Milano per il processo Golden Market, la storia della mafia e la strategia della Cupola negli anni Ottanta. Nella Commissione, ha detto, c'era un clima pesante. Molte persone, soprattutto i politici, si erano defilate in seguito alla guerra di mafia, ma con Cosa Nostra, ha proseguito, una volta iniziata una collaborazione, non la si può interrompere. Per chi lo ha fatto, come Salvo Lima, è arrivata la morte. Defilarsi, ha continuato, non gli è servito a niente perché ormai era arrivata la sua ora. Giuffrè ha anche precisato che non tutti nella commissione erano d'accordo con i metodi e la strategia di Riina. Non lo era, ha spiegato per esempio, Bernardo Provenzano che, nel 1987, aveva avuto un contrasto con Riina il quale alle elezioni voleva appoggiare il Psi e non la Dc: ''Lui non era d'accordo con quella scelta - ha aggiunto Giuffrè - ed e' stato il primo a capire che la guerra allo Stato non si puo' fare''. Giuffre' ha spiegato anche i motivi del suo pentimento e della conseguente decisione di collaborare con la giustizia. ''Sono entrato in Cosa Nostra nel 1980 - ha detto - perche' credevo in certi valori come l'amicizia, il rispetto, la lealta' e l'onesta'. Nel 1981 e' scoppiata la prima guerra di mafia e mi sono dovuto adeguare alle circostanze, ma nell'ultimo periodo ho capito che prevalevano solo gli interessi economici''. "Dopo vent'anni ho trovato il tempo di restare solo con me stesso e ho meditato iniziando un percorso interiore. Ho deciso di tagliare con Cosa Nostra e di collaborare. Da quel momento - conclude Giuffrè - lo faccio con lealtà''.