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Stragi del '92. Giuffrè: prima ci fu sondaggio.
Notiziario di Giovedì 21 Agosto 2003

Una stagione, quella delle stragi del 92, pianificata a tavolino, attraverso sondaggi e opinioni tra i boss di Cosa Nostra ed esponenti politici, dell’imprenditoria e della massoneria. A raccontare particolari e dettagli di quei tragici giorni, che nel giro di poco meno di un mese portò alla eliminazione dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e delle loro scorte, con un bilancio complessivo di 11 morti, è luni, Nino Giuffrè, pentito di rango di Cosa Nostra, il consigliori di Bernardo Provenzano, la primula rossa della mafia. Le sue dichiarazioni, contenute in verbali depositati il mese scorso nel contesto di un processo di mafia in corso a Catania, hanno squarciato molti veli. Un quadro arricchito pure dal contributo di un altro collaboratore di giustizia, Ciro Vara, la cui credibilità è però tuttora al vaglio della magistratura. Giuffrè racconta che alla fine del 1991 si svolse una riunione ad Altarello, borgata periferica del capoluogo siciliano, presenti i capi mandamento. In quell'occasione Provenzano, la colomba della Cupola, in contrapposizione al falco Totò Riina che propugnava la linea dura, diede conto di una missione segreta affidata ad un gruppo di suoi fedelissimi: Pino Lipari, Tommaso Cannella, Enzo Giammanco e Vito Ciancimino. A ciascuno di loro venne affidato il compito di interpellare personaggi esterni a cosa nostra, con ruoli operativi a livello istituzionale ed economico per sapere che cosa ne pensassero del progetto stragista. E così Ciancimino, sempre secondo il racconto di Giuffrè, si occupò di contattare i politici, Lipari gli esponenti dell'imprenditoria, altri ancora tennero contatti con i rappresentanti delle logge massoniche. In particolare, il pentito afferma che ''ambienti imprenditoriali, anche del Nord, avrebbero avuto interesse all'uccisione di Falcone e Borsellino, perché entrambi erano direttamente e intensamente interessati ad approfondire il tema mafia e appalti, e ciò avrebbe potuto avere effetti devastanti per gli interessi di 'cosa nostra' e degli altri protagonisti dell'economia che ruotano attorno alle opere pubbliche''. Dichiarazioni gravi, al vaglio dei magistrati e dei giudici catanesi che il mese prossimo decideranno se e quando ascoltare in aule Giuffrè.
 
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