Notiziario di Giovedì 22 Maggio 2003
Alle 17,58 del 23 maggio 92 Palermo si trasforma in una Beirut anni 70. Mille chili di tritolo sventrano l’asfalto dell’A29, all’altezza per Capaci, scagliando in aria uomini e macchine. Muore il giudice Giovanni Falcone, nemico numero uno della mafia. Con lui la moglie-magistrato Francesca Morvillo e i tre loro angeli custodi, i poliziotti della scorta, Antonino Montinari, Rocco Di Cillo e Vito Schifani. Si salva, per miracolo, Giuseppe Costanza, seduto sul sedile posteriore della Croma blindata bianca guidata da Falcone con accanto la moglie. Con Capaci, Cosa Nostra chiude un vecchio conto con Giovanni Falcone e apre la stagione delle stragi che prosegue poco meno di due mesi dopo con l’attentato di via D’Amelio dove saltano in aria Paolo Borsellino e cinque poliziotti della sua scorta. Undici anni sono passati da quelle stragi. Oggi e domani le celebrazioni per non dimenticare. Stamani sul luogo dell’attentato il segretario nazionale dell’UDC, Follini, ha deposto una corona di fiori. Ma i veri protagonisti sono gli studenti che stamani si sono ritrovati nel cosiddetto «villaggio europeo della legalità», realizzato davanti l'aula bunker. Previsti due giorni di tavole rotonde, convegni, ma anche serata di divertimento in discoteca. Presentati i lavori realizzati sul tema «per mantenere viva la memoria» e «l'impegno del giudice Falcone a undici anni dalla sua morte». Se potessimo riascoltare Giovanni Falcone, ha detto il procuratore capo di Agrigento, Ignazio De Francisci, componente dello storico pool antimafia, oggi ci accorgeremmo che ragionava con pacatezza, a volte con durezza, e con buon’educazione, qualità che negli ultimi tempi sono scomparse. Falcone, ha aggiunto De Francisci, non avrebbe partecipato ad alcuno scontro sulla giustizia, avrebbe tentato di dare i suoi consigli che per un certo tempo, troppo breve, furono ascoltati anche dalle massime cariche dello Stato. Falcone, ha proseguito, avrebbe forse convinto qualcuno che i magistrati non sono una banda di delinquenti e avrebbe convinto anche del fatto che i magistrati, e non solo gli avvocati, hanno le loro buone ragioni. Facendo polemiche sulla giustizia, ha concluso De Francisci, oggi non si fanno le giuste riforme.