Notiziario di Giovedì 15 Maggio 2003
Dopo Nino Giuffrè un altro pentito da novanta, Giovanni Brusca, catturato ad Agrigento nel 96, ha raccontato stamani, ai giudici della corte d’assise di Palermo in trasferta a Milano per il processo Golden Market, la strategia di Cosa Nostra negli anni 90. In particolare della decisione adottata dalla commissione di uccidere tutti i pentiti, i loro familiari, uomini politici e magistrati come Falcone e Borsellino. Il tutto, ha raccontato, fu adottato nel corso di una riunione plenaria, avvenuta nell’89, voluta e capeggiata da Totò Riina. Giovanni Brusca, l’uomo che fece saltare in aria Falcone a Capaci, ha detto che a quella riunione non ha partecipato, ma di avere agito di conseguenza come gli altri. Brusca si è anche soffermato sul rapimento e uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, da lui stesso sciolto nell’acido. Ho rapito e ucciso il piccolo Di Matteo, ha detto, perché il padre stava collaborando con i magistrati e mi stava chiamando in causa sulle stragi. Ho ricevuto molte richieste perché rilasciassi il bambino. Ma ho agito, ha concluso, per il bene di Cosa Nostra che da tempo aveva deciso di eliminare anche i familiari dei pentiti.