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Tangenti per insabbiare i processi in Cassazione. Operazione antimafia della Dda di Palermo: otto gli arrestati. In manette due imprenditori agrigentini.
Notiziario di Martedì 17 Giugno 2008

E passiamo alla cronaca, con l’importante operazione antimafia condotta dalla DDA di Palermo e che ha interessato anche la provincia di Agrigento. Scoperta una organizzazione composta da boss, imprenditori ed anche esponenti della massoneria che, a colpi di tangente, tentavano di fare insabbiare i processi in cassazione. Otto gli arresti, tra cui due imprenditori agrigentini.
Boss e massoni a braccetto con un obiettivo: allungare i processi di mafia ad Agrigento e Trapani. A colpi di tangenti. E’ il contesto dell’operazione antimafia eseguita nella notte dai carabinieri di Agrigento e Trapani, coordinata dalla Dda di Palermo. Un vero sistema, quello scoperto dagli inquirenti, di cui ferebbero parte professionisti, imprenditori, medici, uomini d'onore e iscritti a logge massoniche. Otto le persone finite in manette nell’operazione denominata "Hiram". Per tutti l’accusa è a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione in atti giudiziari, peculato, accesso abusivo ai sistemi informatici giudiziari e rivelazione di segreti d'ufficio. Tra gli arrestati, due agrigentini: l’imprenditore Calogero Russello, già coinvolto nell’inchiesta Alta Mafia del marzo 2004 e Calogero Licata, 57 anni, imprenditore, accusato di aver tentato di insabbiare in Cassazione alcuni procedimenti penali che riguardavano boss mafiosi di Agrigento e Trapani. E ancora nella rete della giustizia sono finiti Guido Peparaio, 55 anni, impiegato del ministero della Giustizia, addetto alla cancelleria della seconda sezione della Corte di Cassazione con la qualifica di ausiliario, Nicolò Sorrentino, 64 anni, originario di Marsala, Francesca Surdo, 35 anni, originaria di Palermo, agente della polizia di Stato in servizio alla Direzione anticrimine di Roma. Altro imprenditore arrestato, Michele Accomando, 60 anni, di Mazara del Vallo, finito in carcere nel 2007 per un'inchiesta su appalti pubblici pilotati. Personaggio centrale della vicenda, un faccendiere di Orvieto, Rodolfo Grancini, 68 anni, in contatto con diversi senatori e deputati. L'inchiesta, partita nel 2006, inizalmente riguardava le famiglie mafiose di Mazara del Vallo e Castelvetrano. Ma indagando gli inquirenti hanno scoperto quella che è una vera e propria rete di protezione giudiziaria dei boss attraverso la quale affiliati a Cosa nostra avrebbero ottenuto di ritardare i processi in Cassazione, in modo da poter avere la prescrizione dei reati. Di questo sistema si sarebbero servito anche un ginecologo di Palermo, Renato Gioacchino Giovanni De Gregorio, 59 anni, condannato anche in appello per violenza sessuale su una minorenne. L'uomo avrebbe pagato somme di denaro per tentare di ottenere l'insabbiamento del procedimento in Cassazione, che infatti risulta pendente da tre anni, per poi accedere alla prescrizione del reato
 
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