Notiziario di Venerdì 18 Gennaio 2008
Cinque anni, ma con l’esclusione dell’aggravante del favoreggiamento a Cosa Nostra. Questa la sentenza del processo Talpe alla DDA di Palermo, con 13 imputati, che ha riguardato il presidente della Regione, Salvatore Cuffaro. Il governatore, contrariamente a quanto annunciato alla vigilia, ha voluto essere presente al momento della lettura del dispositivo nell’aula bunker del Pagliarelli. Cuffaro ha anche annunciato di non volersi dimettere dalla carica di Presidente. Immancabili le reazioni politiche. Vediamo.
Sono le 17,40 quando i giudici della terza sezione del tribunale di Palermo, presieduta da Vittorio Alcamo, entrano nell'aula bunker di Pagliarelli per la lettura della sentenza al processo sulle talpe alla DDA di Palermo. Pesante il verdetto. In parte riconosciuto l'impianto accusatorio e 45 anni di carcere vengono inflitti complessivamente agli imputati tra cui, il presidente della Regione Siciliana, Salvatore Cuffaro.
E proprio la parte di sentenza sicuramente più attesa era quella riguardante il governatore della Sicilia, per il quale i giudici hanno emesso un verdetto di condanna a 5 anni di reclusione, per favoreggiamento semplice e rivelazione di segreto d'ufficio. E' caduta dunque l'aggravante del favoreggiamento a Cosa Nostra, ma è stata comminata l'interdizione dai pubblici uffici "in perpetuo" e l'interdizione legale "durante l'espiazione della pena".
Un'interdizione, comunque, che consente al presidente della regione di restare in carica visto che il provvedimento non scatta al primo grado di giudizio ma solo a sentenza definitiva. D'altro canto lo stesso Cuffaro ha già annunciato che ricorrerà in appello. I pm avevano chiesto per il governatore la pena a 8 anni.
Per ciò che concerne gli altri imputati, invece, condanna a 14 anni di reclusione, per l'ex manager della sanità privata Michele Aiello, accusato di associazione mafiosa, rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio, truffa, accesso abusivo al sistema informatico della Procura e corruzione; la pena di 7 anni è stata inflitta al maresciallo del Ros Giorgio Riolo per associazione mafiosa, accesso abusivo al sistema informatico della Procura, rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio, corruzione e interferenze illecite nella vita privata altrui, mentre pene minori sono state inflitte agli altri imputati.
Il presidente della regione, Cuffaro oggi era in aula al momento della lettura della sentenza , come lo stesso ha spiegato, convinto dalla figlia.
Non ho mai favorito la mafia. Domani alle 8 sarò al mio tavolo da lavoro. Dunque, Salvatore Cuffaro non si dimette da presidente della Regione. Ipotesi più volte ribadita dallo stesso Governatore, nel caso in cui i giudici avessero confermato, nella sentenza di condanna, l’aggravante per mafia, vero spartiacque tra la volontà a proseguire e la necessità di lascire la poltrona di presidente e la vita politica. Scampato il pericolo, Cuffaro rimane al suo posto, nonostante la pesante condanna con l’aggiunta dell’interdizione dai pubblici uffici, che però scatterà con sentenza passata in giudicato. E quasi certamente, come annunciato in passato, darà il via alla fase due del suo Governo, a cominciare da un rimpasto nella sua Giunta. Intanto le reazioni politiche non si fanno attendere: comincia Leoluca Orlando, avversario di Cuffaro alle elezioni del 2001 che afferma: il mio giudizio etico e politico su Cuffaro e sul suo operato rimane quel che era: non soltanto ha determinato un disastro sociale, economico ed amministrativo in Sicilia ma ha anche e soprattutto contribuito ad un imbarbarimento etico delle Istituzioni. Sono stato sempre sicuro che Cuffaro non era un colluso, sostiene Pierferdinando Casini, leader nazionale dell’Udc, mentre Renato Schifani, di Forza Italia, indicato come un possibile candidato alla presidenza della Regione, lo invita adesso a lavorare tranquillo e sereno. A patto, gli fa eco Nello Musumeci, di Alleanza Siciliana, che sappia sottrarre la Sicilia a questa avvilente caduta d'immagine. A Cuffaro ha telefonato anche il presidente emerito Francesco Cossiga, per manifestare tutta la sua solidarietà mentre per Berlusconi i casi di Cuffaro e Mastella sono da esampio per un risanamento di tutto l'ambito giudiziario.