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Mafia-Droga.Arresti nell'agrigentino e nel nisseno
Notiziario di Lunedì 9 Dicembre 2002

Un’inchiesta inizialmente nata, nel 98, per fare terra bruciata attorno all’allora latitante Salvatore Di Gangi, bancario in pensione di Sciacca, ritenuto il capo di Cosa Nostra di Agrigento, poi arrestato nel gennaio 2000. Col passare del tempo, e grazie ad intercettazioni ambientali e servizi di pedinamenti ed osservazione, i poliziotti della Mobile di Palermo scoprivano un vero e proprio traffico di sostane stupefacenti tra la Sicilia e i paesi esteri che ruotava attorno a quattro personaggi vicini a famiglie mafiose: Antonino Nicosia, di Sciacca, titolare della ditta import-export Eurotrade, cugino del killer latitante di mafia Josef Focoso; Antonino Sabella, sempre di Sciacca, anch’egli socio dell’Eurotrade, Salvatore Piro, di Siciliana e Salvatore Guerrera, palermitano, imparentato con i Buccafusca, noti mafiosi della famiglia “Palermo-Centro”. Ma ulteriori indagini, condotte stavolta dai poliziotti della Squadra Mobile di Agrigento, diretti da Attilio Brucato in collaborazione con il commissariato di Canicattì, diretto da Patrizia Nicastro, portavano alla luce due bande di spacciatori, collegate alla prima e operanti una a Porto Empedocle e l’altra a Canicattì, a capo delle quali, secondo gli inquirenti, era Antonino Vecchio, di Raffadali, attualmente detenuto per altri reati. Tre indagini in parallelo culminate nell’operazione “Trifoglio” della scorsa notte che ha portato all’emissione di ben 26 ordinanze di custodia cautelare, otto delle quali notificate a Canicattì, 4 a Porto Empedocle, 3 ad Agrigento, due a Siculiana e Sciacca e una ciascuna a Grotte, Caltanissetta e Torino, quest’ultima ai danni di un agrigentino. Tre gruppi criminosi, secondo l’accusa, collegati tra loro nel controllo del traffico di sostanze stupefacenti. La banda, oltre che nel capoluogo, operava soprattutto a Sciacca, Grotte, Canicattì, Porto Empedocle, Siculiana e Raffadali. Le indagini sono state coordinate dai PM della direzione distrettuale antimafia di Palermo, Di Leo e Siragusa e dal PM del Tribunale di Agrigento, Ludovica Giugni, poiché sarebbero emersi rapporti tra alcuni degli indagati e soggetti appartenenti alle famiglie di Cosa Nostra di Sciacca, Siculiana e Porto Empedocle. L’inchiesta non si è avvalsa del contributo di alcun collaboratore di giustizia.
 
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