Notiziario di Lunedì 17 Luglio 2006
Cambiamo argomento. Il 19 luglio 1966 è una data fondamentale per la storia millenaria di Agrigento. E’ il giorno della frana che, probabilmente, ha cambiato il destino della città. Quattro interi quartieri del centro storico cittadino furono rasi al suolo, decine di palazzi vennero giù come cartapesta. Per fortuna non ci furono vittime. Da quel drammatico giorno sono passati 40 anni. Ancora oggi sono visibili le ferite di quel 19 luglio 66. Da oggi e sino a mercoledì vogliamo ricordare l’evento con racconti e testimonianze. I nostri servizi.
Il 19 luglio del 1966 l’Italia venne battuta uno a zero dalla Corea del Nord con un gol di uno sconosciuto dentista dal nome impossibile e fu eliminata dai mondiali di calcio d’Inghilterra. Una frana, titolarono i quotidiani sportivi. Lo stesso giorno un’altra frana avrebbe segnato in profondità l’Italia. Sconvolse Agrigento e solo per un caso non provocò vittime, ma tanta paura e la diffusa impressione di quanto fragili fossero il territorio italiano e le basi su cui era fondata una crescita economica molto concentrata sul cemento e sulla speculazione edilizia. La frana venne giù nelle prime ore del mattino all’estremità occidentale di Agrigento. Già intorno alle sette si erano avvertiti i primi smottamenti. Chi si era appena alzato fece in tempo ad accorgersene, udì scricchiolii nelle pareti e vide aprirsi le crepe. Poi la fuga. Migliaia di persone uscirono in strada, portandosi dietro quanto erano riusciti ad afferrare. Nel giro di un’ora dalla rocca dove si ergeva la moderna Agrigento scivolarono verso valle migliaia di metri cubi di terra. Alcuni palazzi si accartocciarono. Un centinaio i feriti. Milleduecento famiglie senza casa e una collina, che fino a qualche decennio prima ospitava un piccolo centro di origini medievali raccolto intorno alla cattedrale, sfigurata da un ammasso di edifici. Il centro storico era stato chiuso da una barriera di mostruosi casermoni. Fra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, si era costruito ad un ritmo di 2 mila, 3 mila vani l’anno e si arrivò a quasi 5 mila nel 1965. Una frana che produsse uno schock. Ma anche effetti politici. Nel governo di centrosinistra sedeva, sulla poltrona di ministro dei Lavori Pubblici, il socialista Giacomo Mancini, uomo potente di Calabria, eppure politico accorto, tenace riformista. Mancini affidò al direttore generale dell’Urbanistica, Michele Martuscelli, il compito di condurre un’inchiesta sulle cause della frana. Martuscelli consegnò l’8 ottobre la relazione definitiva, dopo appena due mesi di lavoro. Quel testo fu un vero e proprio atto d’accusa per la classe politica del tempo. Eccone uno stralcio: Gli uomini, in Agrigento, hanno errato, fortemente e pervicacemente, sotto il profilo della condotta amministrativa e delle prestazioni tecniche, nella veste di responsabili della cosa pubblica e come privati operatori. Un altro effetto produsse la frana: il decreto, firmato dai ministri Gui e Mancini, che istituiva un’area vincolata di milleduecento ettari intorno ai templi di Agrigento.