Notiziario di Mercoledì 9 Ottobre 2002
Ha rotto il muro di gomma dell’omertà denunciando i suoi cravattari. Non picciotti qualsiasi, ma, secondo gli inquirenti, personaggi legati alle famiglie di mafia di Canicattì e Racalmuto, tra le più potenti della provincia e della Sicilia. E’ la storia di un imprenditore di Agrigento, titolare dei due supermarket Di Meglio di Racalmuto e Canicattì che ha deciso di non piegarsi alla ferrea legge del pizzo imposta da Cosa Nostra. Sei milioni di lire, questa la richiesta estorsiva, per garantire la protezione dei due supermercati. Ma la coraggiosa denuncia dell’imprenditore ha fatto saltare i piani. Un’indagine lunga, complessa, coordinata dai PM della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, Anna Palma, Claudio Siragusa e Giovanni Di Leo, sfociata all’alba di oggi con l’arresto di quattro persone da parte degli agenti della squadra mobile della questura di Agrigento, diretta da Attilio Brucato. I quatto sono Beniamino Di Gati, fratello di Maurizio Di Gati, di Racalmuto, latitante, ritenuto il capomafia provinciale di Agrigento la cui elezione avvenne durante il summit di mafia a Santa Margherita Belice, il 14 luglio scorso, interrotto dall’arrivo della Polizia che arrestò le 15 persone presenti nel casolare. Un altro dei fratelli Di Gati, Diego, rimase ucciso nella prima strage di Racalmuto del luglio 91. In manette è finito inoltre Calogero Di Caro, 56 anni, di Canicattì, già sottoposto a sorveglianza speciale, Giuseppe Corchettino Miceli, di 54 anni, e il genero di quest'ultimo, Gioacchino Adamo, di 29, con precedenti penali per detenzione di armi. Ma c’è un particolare sul quale stanno lavorando gli inquirenti: il patto d’affari tra le due famiglie mafiose di Canicattì e Racalmuto. Una collaborazione che si è cementata da quando al vertice di Cosa Nostra agrigentina c’è Maurizio Di Gati.